LA
CONSULENZA FILOSOFICA
Non
importa quanto nuovo sia un pensiero,
importa
quanto nuovo diventa.
(Elias
Canetti)
L’uomo è un essere estremamente affascinante e complesso, che deve essere liberato aprendolo alla vastità dei potenziali orizzonti
che si stagliano infiniti di fronte a lui. Andiamo a scoprire come la consulenza filosifica permetta di liberalo, alleviando i disagi esistenziali dell'uomo, quali siano le caratteristiche di questa terapia alternativa e quali siano le differenze con la psicologia.
La
CONSULENZA FILOSOFICA (CF), come sostiene il fondatore Gerd
Achenbach, non si può considerare l’ennesima forma di terapia
alternativa, ma semmai una valida ed efficace alternativa alla
terapia.
Ovviamente è doveroso comprendere cosa si intende con il
termine TERAPIA: se abbiamo in mente l’Ethos Terapeutico imperante,
costituito dalla triade Sintomo-Diagnosi-Cura, rivelatosi in gran
parte come una sottile e raffinata modalità di gestione dei
conflitti sociali in vista del mantenimento dello status
quo
da parte di un potere di tipo disciplinare sempre più diffuso e
pervasivo, descritto egregiamente da Michel Foucault, certamente la
CF non solo non è da includere in questa logica, come appunto
afferma Achenbach, ma anzi ha il dovere etico di denunciare i
meccanismi che si celano dietro l’assistenzialistica presa in
carico da parte dell’esperto, la cosiddetta nociva e dilagante
“cultura della delega”; se invece intendiamo per “terapia” il
prendersi cura dell’altro affinché possa trovare la propria via di
guarigione, in un rinnovato rapporto con le forze della natura di cui
egli stesso è parte, allora la CF può iscriversi a buon diritto
all’interno di questa visione di tipo sistemico e olistico.
D’altra
parte la stessa etimologia di TERAPIA, dal greco Therapeia,
Therapeyo,
ha a che fare con l’assistere, il sostenere, l’aiutare, il
servire, nella loro gratuità: la terapia si potrebbe quasi dire che
è, prima di tutto, una forma di devozione verso il mio simile, forse
la più alta.
Durante una conferenza, dopo varie riflessioni, avevo
concluso affermando che la CF, così come l’intera FILO-SOFIA nella
sua accezione più autentica, potremmo definirla come quella
particolare Sapienza dell’Amore che si prende cura del vissuto di
una persona comprendendolo e trascendendolo. Ditemi ora quanto amore,
nel senso cristiano di Agape,
trovate voi nelle apposite strutture ed apparati tecnico-burocratici
adibiti alla gestione, alla distribuzione e sempre più spesso
perfino alla produzione di malati? Li abbiamo chiamati ospedali,
cliniche psichiatriche, case di cura e tuttora pensiamo siano i
contenitori più efficaci per lavarci la coscienza e sanare questi
cosiddetti malati, ma basta leggersi nuovamente Foucault o un testo
straordinario come Nemesi
Medica
di Ivan Illich per rendersi conto che così non è.
La
Consulenza Filosofica non si occupa delle cosiddette malattie
organiche, sebbene sulla famigerata distinzione tra mente e corpo ci
sarebbe tanto da dire e soprattutto da contraddire, ma si riferisce
al vastissimo e sfumato ambito dei cosiddetti “DISAGI
ESISTENZIALI”. Bene, direte voi a questo punto, non esistono già,
per quel che riguarda queste forme di disturbo, le varie forme di
psicoterapia con le loro molteplici tecniche di cura? Che poi, invece
di parlarci di disagi esistenziali, ci parlino abitualmente di
stress, nevrosi, psicosi e sindromi varie, cosa cambia nel concreto?
Certo per molti aspetti non posso che concordare con queste
osservazioni: non si può generalizzare facendo finta che l’ambito
della CONSULENZA FILOSOFICA possa essere distinto nettamente e direi
anche piuttosto arbitrariamente dall’ambito della PSICOLOGIA
dicendo, in modo del tutto irrealistico, che quest’ultima si occupa
normalmente di “casi patologici”, mentre la prima ha a che fare
esclusivamente con dei “sani di mente” che vivono una
superficiale quanto fugace “crisi di senso”; oltretutto non
esistono né la filosofia, né la psicologia, ma semmai tanti tipi di
filosofia così come tanti tipi di psicologia la cui efficacia
dipende soprattutto dal singolo individuo che le esercita; aggiungo
infine che, nell’elaborare un discorso teorico che possa
giustificare la bontà e la concretezza pratica della CF, si deve
essere ben consapevoli di correre costantemente il rischio di
scambiare la mappa per il territorio, dato che l’essere umano,
nella sua complessità e nel suo continuo auto-trascendersi, è
sempre al di là di qualsivoglia schema o modello di riferimento.
Tutto
questo non influisce affatto sull’importanza di sottolineare
comunque le differenze esistenti tra la Psicologia, pur considerata
in tutta la sua vastità, varietà e complessità, e la Consulenza
Filosofica, con la tenace convinzione che quest’ultima possa
rivelarsi sempre più importante per l’esistenza dell’uomo di
oggi e di domani.
Per far questo è necessario, prima di tutto,
comprendere lo SFONDO STORICO-CULTURALE da cui sorgono e si
sviluppano le due discipline in questione: la Psicologia, sia di tipo
comportamentista-cognitivista, sia di tipo analitico-dinamica, nasce
sostanzialmente dal paradigma positivista ottocentesco che a sua
volta affonda le sue radici nella cultura ebraico-cristiana, motivo
per il quale lo schema religioso colpa/peccato – caduta/perdizione
– salvezza/redenzione viene successivamente sostituito dallo schema
medico-scientifico causa/sintomo – sofferenza/malattia –
salute/guarigione; la Consulenza Filosofica, invece, nel suo ritorno
all’antico pensiero greco, non concepisce la sofferenza patita
quotidianamente dagli uomini come conseguenza di un fatto originario
funesto che sarà prima o poi redento da un intervento divino
esterno, ma crede che il dolore sia da sempre presente nel mondo e
sia costitutivo dell’essere umano, anche perché senza il dolore
non esisterebbe nemmeno il piacere. Secondo la visione greca, dunque,
non ha alcun senso pensare di guarire una volta per tutte dal dolore,
semmai si cercherà per quanto possibile di alleviarlo, arginarlo e
prevenirlo, come sintetizza la celebre formula stoica del Substine
et Abstine.
Ancora meno senso, agli occhi dei greci, ha la tracotante pretesa di
risolvere il “problema della morte”, poiché la morte non è un
problema, né una malattia, bensì l’orizzonte entro il quale si
compie la vita e il destino di un uomo, non a caso nominato dai greci
proprio “mortale”.
Al
di là delle vane speranze e delle pie illusioni tipicamente
giudaico-cristiane, ereditate dall’attuale paradigma
tecnico-scientifico, per cui il bene non è e non può mai essere
presente qui e ora, ma è sempre ancora da venire, inscritto in un
futuro di giorno in giorno più vago e incerto, la Consulenza
Filosofica, erede, assieme a tutte le altre forme di Filosofia
Pratica, dell’antica cultura greca, ha la pretesa di comprendere
l’essere umano e la sua ontologica finitezza nell’hic
et nunc
della sua vita terrena e soprattutto della sua naturale APERTURA AL
MONDO. Quest’ultimo è un punto fondamentale: la CF, a differenza
della stragrande maggioranza degli indirizzi psicologici odierni, non
considera mai il singolo individuo estrapolato dal contesto
economico, sociale e politico in cui vive, ma sempre in relazione
agli altri esseri umani, così come in rapporto a tutti gli esseri
viventi sulla terra e allo stesso pianeta da lui abitato. Questo è
il motivo per cui la Filosofia parla abitualmente di Visione del
Mondo, mentre la Psicologia parla di Personalità: nel primo caso
l’io non è mai concepibile fuori da una relazione, mai
comprensibile senza l’essere-con e l’essere-per, mentre nel
secondo caso potremmo tranquillamente spiegare le caratteristiche
caratteriali e l’interiorità personale di questo Io senza
contemplare la rete di relazioni e il mondo esterno di cui, volente o
nolente, fa parte.
Se volessimo inquadrare questo rifiuto nei
confronti del mondo in termini patologici, potremmo ironicamente
parlare di “sindrome da monade iper-egoica”, ma lasciamo perdere,
rischieremmo di suggerire un’ennesima “malattia” da aggiungere
alle tante create ad
hoc
dagli psichiatri per fini tutt’altro che medico-scientifici.
Il
punto è che la medicalizzazione, la patologizzazione e la
psicologizzazione di massa, con la loro logica riduttiva e
organicistica, hanno progressivamente condotto l’uomo alla perdita
del mondo. La CONSULENZA FILOSOFICA, come tutte le visioni di tipo
olistico presenti nell’attuale panorama culturale, nascono e si
sviluppano al fine di ricreare le condizioni affinché l’uomo possa
tornare ad ABITARE IL MONDO precedentemente perduto, ricongiungendosi
armoniosamente con esso. Sappiamo oramai che non può esistere l’“io”
senza il “noi”, l’“interiorità” della psicologia avulsa
dall’“esteriorità” dell’economia e della sociologia, così
come non può esistere indagine alcuna sulla profondità dell’animo
umano che non contempli le sue manifestazioni più effimere e
superficiali. L’uomo è un “animale politico” sosteneva
Aristotele, non può essere privato della partecipazione attiva alla
vita della sua comunità, pur con tutti i rischi e le incertezze del
caso. L’uomo è un essere estremamente affascinante e complesso,
non va mutilato da ciò che pretende possedere statuto scientifico,
va invece liberato aprendolo alla vastità dei potenziali orizzonti
che si stagliano infiniti di fronte a lui.
Loris
Falconi
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